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Il sangue lucano, l’Aglianico del Vulture

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Nunc vino pellite curas, “affogate nel vino gli affanni” – così diceva Quinto Orazio Flacco, poeta lucano del I secolo a.C. – Sebbene la sua espressione possa essere interpretata come un inno al bere senza misura, in realtà era solo un invito a godere dei piaceri del vino nei momenti più bui della vita, ma sempre con moderazione. Numerosi sono i riferimenti al vino nelle sue opere e non è un caso che il poeta sia proprio di origini lucane. Nell’entroterra della Basilicata, infatti, ai piedi di un vulcano ormai spento, il Monte Vulture, si stagliano distese lussureggianti di vigneti di Aglianico, che, nella stagione autunnale, costellano il paesaggio di succosi grappoli color rubino intenso.

Vitigno di Aglianico – Foto ©martinovini

L’Aglianico del Vulture, un vitigno pregiato

Basta solo un sorso di quel vino inebriante, per essere catapultati con i sensi e con la mente, in una realtà parallela, un mondo pregnante di note speziate, cacao, vaniglia, liquirizia e tabacco, con sentori di frutti di bosco. Non si tratta di una pozione dell’immortalità, ma di un vino pregiato e rinomato in tutta Italia. L’Aglianico del Vulture che, con la sua struttura morbida, calda e vellutata, ma resistente al palato, restituisce al gusto tutti i minerali del terreno vulcanico in cui viene fatto nascere.

Calice di vino aglianico – Foto ©viniferare

L’origine del nome

Il suo nome “Aglianico” deriva molto probabilmente dal nome con cui gli antichi Romani lo ribattezzarono “Vitis ellenica”, a causa delle sue origini greche. Un prodotto antico, che però non esaurisce mai la sua modernità, poiché rappresenta ancora oggi un fiore all’occhiello della produzione lucana. Storia liquida che si tramanda di famiglia in famiglia, assieme alla passione e allo studio delle tecniche migliori per ottenere un vino dal colore e dal sapore inconfondibile.

Foto ©martinovini

Il sangue lucano scorre a Rionero in Vulture

Il sangue lucano che scorre nelle vene della famiglia Martino, ha proprio lo stesso colore del suo vino. L’azienda, nata grazie ad Armando Martino, rappresenta uno dei perni della produzione vinicola della Basilicata, esportando i suoi prodotti in tutto il mondo. Tra calici di Aglianico del Vulture, ma anche Malvasia, Greco, Moscato, Chardonnay, sarà impossibile tornare a casa con un brutto ricordo, addolcito ancor più dalla buona cucina locale che fa un uso abbondante di questo dono terrestre.

Tra i vigneti del Vulture – Foto ©acinoparlante

I calzoncelli, gustoso abbinamento con l’Aglianico

Come non nominare i calzoncelli, gustosi ravioli di pasta fritta, farciti con un cremoso ripieno di castagne, cioccolato, arancia e il preziosissimo mosto cotto o ancora i “cingoli”, dei cavatelli di pasta fresca intinti in un corposo sugo d’uva.

Calzoncelli – Foto  ©Siria Tirico

Ma la Basilicata è anche terra di vino. Tradizioni culinarie, bellezza paesaggistica e ospitalità possono solo accompagnare la degustazione di un vino come l’Aglianico del Vulture, concentrato di passato, presente e futuro. In fondo, come affermò Benjamin Franklin “Non si può vivere bene dove non si beve bene”.

a cura di Siria Tirico

Foto in evidenza Paesaggio del Vulture ©basilicatadavedere

Redazione Viaggi del Gusto

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